“Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson

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Grand Budapest Hotel è prima di tutto un film di Wes Anderson. C’è chi dice che, arrivato al suo ottavo lungometraggio, il regista dei Tenenbaum stia diventando noioso, ripetendo i suoi schemi stilistici fino a fare sempre lo stesso film. Sarà, ma questo Grand Budapest è prezioso e sorprendente come i tanti personaggi che lo affollano. Il protagonista è il leggendario concierge di un grande albergo di un ipotetico Paese mitteleuropeo, Monsieur Gustave (interpretato da Ralph Fiennes), che conosce segreti, vizi e virtù dei suoi eccentrici clienti. E soprattutto delle sue più ricche e anziane ospiti, tra cui la stravagante Madame D. (Tilda Swinton) che, morta in circostanze misteriose, decide di lasciargli in eredità un prezioso dipinto del Rinascimento. Questo “Ragazzo con mela” causerà l’invidia dei parenti della signora, una caccia spietata a Gustave e una catena di divertenti imprevisti.

Raccontato tramite un lungo flashback con un gioco di scatole cinesi che ci porta dai giorni nostri all’inizio degli anni ’30, il film ha tutti gli elementi stilistici a cui ci ha abituato Wes Anderson: inquadrature perfettamente simmetriche, colori pastello, raffinate scelte musicali, humor nero, atmosfere malinconiche. Nella trama, un complesso rapporto padre-figlio (poco importa che qui sia mentore-allievo), un giovane amore e fughe rocambolesche. A tutto questo si aggiunge un cast stellare di attori che compaiono anche solo per pochi istanti: da Edward Norton a Willem Dafoe e Harvey Keitel, passando per Jeff Goldblum, Jude Law, Adrien Brody, Jason Schwartzman e l’immancabile Bill Murray.

grand-budapest-hotel-il-poster-italiano-301874Grand Budapest Hotel è stato scelto come titolo d’apertura dell’ultima Berlinale (dove ha vinto il Gran Premio della Giuria) ed è stato girato nella città tedesca di Görlitz, tra palazzi ricchi di influssi architettonici di gotico, barocco Art Nouveau. Lì sono stati realizzati anche molti degli oggetti chiave del film, compresi i famosi “courtesan au chocolat” inventati da un pasticciere locale. In più, il film è dedicato e ispirato (tanto che Wes Anderson ha dichiarato di aver fatto quasi un plagio dei suoi racconti) a Stefan Zweig, leggendario scrittore austriaco diventato l’autore più tradotto in tutto il mondo tra gli anni Venti e Trenta, che nel 1933 si vide bruciare le sue opere dai nazisti.

Per chi non fosse ancora convinto, la risposta a ogni domanda è in quello che ha scritto Federico Gironi qui: “Si tratta di un autore caratterizzato da una cifra stilistica e un nucleo di temi narrativi talmente forti e radicati da rendere immediatamente riconoscibile il suo lavoro, qualsiasi declinazione questo abbia. Il resto, però, è questione di sfumature: e le sfumature, le gradazioni, sono quello che rendono vivo, pulsante e costantemente mutevole il mondo, il suo compreso. Perché in fondo, da sempre, è questo che fa Wes Anderson, questo per lui è il cinema e il suo messaggio: il racconto malinconico e suadente della possibilità del bello e dell’amore, della dignità e dell’eccentricità in un mondo (cinematografico e non) sempre più barbaro, grigio ed egoista”.

 

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1 thoughts on ““Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson

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